Intervista a Claudio Cimpanelli
Perché in questo CD c’è molta più musica che non nel film?Perché il film stesso non ne richiedeva molta, tanto basato com’è sui dialoghi e la comprensione di questi va senz’altro favorita nello spettatore. Poi anche perché alcuni brani presenti in questo CD sono stati concepiti in forma autonoma non relazionabili in alcun modo con la pellicola. Del resto ho sempre considerato la”colonna sonora” non come un semplice nastro magnetico in cui, a mo’ di recipiente, è possibile inserire di tutto, con gran disinvoltura. L’ho spesso ritenuta, invece, come una preziosa
opportunità artistica offerta dal regista. Il compositore è tenuto quindi a ben ripagare la fiducia datagli, lavorando al meglio nell’interesse primario del film. E qui la”complicità” tra le due parti – regista e musicista – gioca un ruolo molto importante…Tra lei ed il regista, suo fratello Roberto, c’è stata questa “complicità”?Si, e parecchio! Da parte sua c’è stata molta esigenza professionale, anche perché, essendo stato un buon sassofonista (da ragazzi suonavamo insieme in complessi Jazz) è musicalmente dotato e quindi nelle scelte è selettivo ed oculato. Quando nei registi c’è una sana musicalità di base tutto è più facile perché sanno quello che vogliono…
Quale dei brani da lei composti per questo CD le è più caro?
Beh, è difficile stabilirlo, perché sono tutti come “figli miei”!… Le posso dire che con la versione “chamber – music” di “Anger and Tears” – un brano di concezione stravinskjana – mi sono molto divertito. I temi fondamentali del film qui si incontrano, come avviene nel brano n° 9, “Colours”, dialogando tra loro nell’ambito di una situazione ritmica sempre incalzante e giocosa. Un brano felice! Invece, “Nostalgia” è stato il brano più velocemente composto… Due ore, tra la mezzanotte e le due! Il bello è che alle 10 di mattina si cominciava già a registrarlo! Molto intenso e delicato, ho voluto dedicarlo al grande Astor Piazzolla che del tango è riuscito a fare una nobile e complessa forma musicale, così come “Someone Somewhere” l’ho dedicato a Chet Baker: un musicista che nella sua arte improvvisativa non ha dato quasi mai spazio a quei luoghi comuni chiamati “pattern”, i quali spesso rendono il discorso musicale ripetitivo. Il brano a lui dedicato sarà presto il tema principale di un lavoro per orchestra sinfonica, così come “Anger and Tears” sarà il 2° movimento di un concerto per clarinetto.
Sono rimasto favorevolmente colpito dalla melodia dei titoli di coda. Come già per “La Bella Vita”, ho ascoltato una musica\”sognante”, emotivamente intensa e molto bene orchestrata. Può dirmi qualcosa in proposito?
Si, la musica\”da sogno”, in un certo senso “hollywoodiana” del finale de “La Bella Vita” si contrapponeva alla dura realtà dei protagonisti: un operaio cassaintegrato e la cassiera di un market, personaggi della periferia di una cittadina toscana che sognano la loro “Hollywood”, appunto, da molto lontano! Quei titoli di coda si prestavano allora (come anche il tema d’amore di Mirella e Jerry) anche ad una chiave di lettura “ironica”, mentre in\”Un Inverno Freddo Freddo” la musica del finale è improntata ad un moto interiore forse “catartico” che conduce alla speranza e alla serenità…
Lei in questo CD ha anche suonato il piano e la tromba. Cosa si prova ad eseguire le proprie musiche?
Forse si prova quello che accade con quelle degli altri, quando ci piacciono. Una volta composte, le musiche sono\”fuori” di noi, appartengono a chi le sa apprezzare.
Da dove nasce l’ispirazione e la versatilità stilistica di questa colonna sonora?
Oltre che dalle immagini e dalla storia del film, nascono entrambi da un’esperienza musicale senza pregiudizi.
Intervista a cura di Claudio Fuiano